Pensieri
DOVE SEI?
Oggi, in occasione della festa dell’Immacolata Concezione, la Chiesa ci ha proposto due letture: Genesi 3,9-15-20 e Luca 1, 26-38 sulle quali vorrei formulare alcuni pensieri.
Non sono una biblista, perciò quello che dirò è frutto di una meditazione personale.
La lettura di questo racconto di Genesi 3 mi ha sempre lasciata perplessa, ed ora più che mai. Vi si racconta ciò che accade dopo che Adamo ed Eva hanno mangiato il frutto proibito e la narrazione mette in campo una relazione gerarchica: il Signore si rivolge prima di tutto all’uomo, chiedendogli ragione del suo atto; solo di fronte all’accusa dell’uomo verso la donna, Egli si rivolge a lei, chiedendole spiegazioni. Infine, dopo la giustificazione di Eva, il Signore fa ricadere la maledizione sul serpente e pronuncia il castigo sull’umanità, ben distinguendo le parti dell’uomo, della donna e del serpente.
Certo, è ormai assodato che si tratta d un “racconto di origine”, cioè del tentativo di spiegare il perché di una certa realtà che si riscontra come inevitabile, in questo caso la presenza del male nel mondo. La modalità del racconto è quindi di tipo “mitico”.
Il riconoscimento di questo fatto ha in parte alleggerito il peso di colpa attribuito per secoli alla donna nei confronti dell’uomo: perché nel racconto di Genesi è lei in fondo la causa della perdizione, dato che ha dato retta al serpente, la parte animale e oscura del suo essere, trascinando al peccato anche l’uomo.
Questa lettura colpevolizzante è oggi occultata, anche se agisce ancora in molteplici stereotipi che si riferiscono alla relazione uomo-donna e, nella storia anche presente, in un certo senso giustifica la sopraffazione dell’uomo nei confronti della donna: credo sia necessario riconsiderare il peso culturale che certe letture possono avere ancora oggi nella costruzione della mentalità che sotterraneamente viene agita nelle relazioni.
Certo, la Chiesa poi ha riferito a Maria e alla venuta di Cristo l’immagine finale del racconto, in cui pare che la donna schiaccerà la testa al serpente.
Ma dov’è l’uomo in questa azione? La lotta si svolge solo tra la donna e il serpente e l’uomo ne è esentato? L’ambiguità nella quale è mantenuto il proseguimento della storia mi pare corrisponda ai canoni della formazione ebraica più che a quella cristiana, e quindi necessiterebbe di una più seria mediazione per essere presentata ai fedeli cristiani.
Il racconto dell’Annunciazione di Luca, unico evangelista non ebreo, non contiene in nessun modo l’idea di una relazione tra la donna e la presenza del male, anzi: la figura di Maria appare, nel racconto lucano, veramente rivoluzionaria. Una giovane donna intrattiene direttamente un dialogo col divino e da questo scaturiscono delle conseguenze concrete, la gravidanza e il parto, che Maria non assume con leggerezza ma chiedendone ragione e conto al messaggero di Dio, il quale le porta giustificazioni e prove attraverso le quali Maria giunge al consenso.
Maria, la giovane donna, è protagonista responsabile all’interno della narrazione, a differenza di Eva nel racconto genesiaco, mostrando la profonda differenza tra la mentalità ebraica dell’Antico Testamento e la novità cristiana formatasi nell’ambito dello stesso popolo ebreo e condensatasi nel Nuovo Testamento: se è vero che non si possono smentire i legami che uniscono le due fedi, mi pare però urgente oggi riscoprire le radici dell’autentica rivoluzione che il messaggio di Cristo ha portato al mondo: la relazione di Cristo con le donne nei Vangeli è una testimonianza del valore che Egli attribuisce a queste figure nel portare avanti il suo annuncio del Regno. Purtroppo la divinizzazione di Maria non ha portato con sé questo radicale cambiamento nella relazione tra uomini e donne; anzi spesso la valorizzazione della donna porta con sé un contrasto, una lotta, una contrapposizione insensata fra generi diversi, che nel cristianesimo non avrebbe mai avuto ragione di esistere.
Se di Immacolata Concezione vogliamo parlare, a mio parere dobbiamo spostare l’attenzione dal piano puramente fisiologico, del quale non abbiamo altro strumento per parlarne che la fede, al piano del concepimento di una assoluta novità nella storia umana, che deve ancora prendere coscienza della propria identità singolare nei confronti dei propri antenati ebraici: è necessario portare a chiarezza e compimento quegli assunti presenti già duemila anni fa e che oggi diventa urgente appropriarsi come contenuti della propria vita nel mondo e nelle relazioni: il rispetto reciproco tra donna e uomo, il superamento di relazioni gerarchiche a favore di una fraternità basata sulla suddivisione dei compiti a servizio dei fratelli, il sentirsi parte di una realtà naturale e cosmica i cui elementi ci costituiscono e di cui siamo responsabili, nella consapevolezza che tutto questo è possibile attingerlo nell’interiorità in cui è salvaguardata la nostra origine, che è al contempo naturale e spirituale, mistica.
E allora, alla domanda del Signore nell’Antico Testamento: “Dove sei?”, non risponderemo più: “Mi sono nascosto perché ero nudo!”, ma diremo: “Signore, eccomi, sono qui, ora, viviamo insieme in questo paradiso!”
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