mercoledì 6 marzo 2024

 


Pensieri

 

Cervello e coscienza: Anil Seth

  


Più volte ho sostenuto il legame imprescindibile tra ciò che chiamiamo “corpo” e ciò che apparentemente si presenta come immateriale: idee, pensieri, sogni, emozioni sentimenti… tutto quel mondo che dà forma alle immagini attraverso le quali agiamo concretamente nella realtà che ci circonda.

Questo mondo pare scaturire non dalle connessioni che le diverse parti del nostro corpo hanno con l’organo organizzatore della nostra vita, il cervello, ma da una profondità di cui non sappiamo dare ragione o spiegazione, che percepiamo come originaria e determinante per la nostra esistenza e il nostro sviluppo. Ne parliamo spesso nominandolo come interiorità, perché in effetti l’esperienza che ne facciamo non ci viene fornita dal di fuori di noi ma si forma proprio in noi.

Il neuropsichiatra britannico Anil Seth nel suo libro “Come il cervello crea la nostra coscienza”1 ci mostra alcuni meccanismi attraverso i quali il nostro cervello trasforma le sensazioni in “percezioni attive”, cioè percezioni dalle quali prendono avvio le nostre scelte comportamentali:

...la percezione è un atto generativo, creativo; un’interpretazione proattiva, carica di contesto, dei dati sensoriali e un impegno nei confronti di essi. E, come detto prima, il principio che l’esperienza percettiva sia costruita da predizioni basate sul cervello vale su tutta la linea – non solo per la vista o l’udito, ma anche per tutte le altre percezioni.2

La percezione semplicemente non ha senso senza l’azione. Percepiamo il mondo intorno a noi al fine di agire efficacemente all’interno di esso, di realizzare prospettive di sopravvivenza. Non percepiamo il mondo così come è, lo percepiamo così come è utile per noi percepirlo. Può persino darsi che l’azione venga per prima. Invece di immaginare che il cervello raggiunga le migliori ipotesi percettive al fine di guidare poi il comportamento, si può pensare che esso sia fondamentalmente coinvolto nella generazione di azioni e nella loro continua calibrazione, mediante l’uso dei segnali sensoriali, così da realizzare al meglio gli scopi dell’organismo.3

Nel corso dell’evoluzione si sono sviluppati gli intrecci neuronali che collegano le diverse parti del nostro corpo e il cervello, il cui scopo fondamentale è mantenerci in vita:

Mettendo tutte le cose insieme, l’immagine che emerge è quella di un sistema vivente che modella attivamente il proprio mondo e il proprio corpo in modo da trovarsi di continuo, più e più volte, nell’insieme degli stati che lo definiscono come vivente – dal battito del mio cuore ogni secondo al dolermi per il mio compleanno ogni anno. Parafrasando Friston, la visione di FEP è quella di un organismo che raccoglie e modella l’informazione sensoriale in modo da massimizzare l’evidenza sensoriale della propria esistenza. O, come piace dire a me, “Predico me stesso, dunque sono”.4

La coscienza, quindi, costituisce una percezione di sé in quanto creature viventi e che hanno la necessità di continuare a essere tali: la coscienza è un prodotto che serve per vivere e che in alcuni casi, può addirittura essere misurata per determinare le possibilità di relazione e sopravvivenza di un essere umano.

La coscienza si distingue dall’intelligenza perché il suo formarsi ha a che fare con la vita stessa, è originario, ed avviene anche in creature non umane. Vi sono diverse tipologie di coscienza, che ancora non sono ben conosciute ma di cui è necessario tenere conto per giungere a risolvere quello che, secondo Seth, costituisce il “vero” problema della coscienza per i neuropsichiatri:

Il vero problema accetta che esistano esperienze coscienti e si concentra primariamente sulle loro proprietà fenomenologiche...La sfida per il vero problema è spiegare, predire e controllare queste proprietà fenomenologiche nei termini delle cose che accadono nel cervello e nel corpo. Vorremmo sapere cosa delle configurazioni specifiche dell’attività cerebrale...spieghi (predica e controlli) perché un’esperienza come l’esperienza della rossezza, è quella particolare esperienza che è, non un’altra.5

La spiegazione che si cerca non ha in vista una definizione della coscienza, ma l’individuazione di tecniche che permettano di predirne i risultati e di controllarla come un qualsiasi prodotto, così da poter agire con una discreta certezza di fronte al manifestarsi di fenomeni che non appaiono in linea con un funzionamento ritenuto soddisfacente:

E questo ci porta dritti al cuore della mia teoria della “macchina bestiale” della coscienza e del sé. La nostra esperienza cosciente del mondo intorno a noi, e di noi stessi all’interno del mondo, si verifica con, per mezzo e a causa dei nostri corpi viventi. La nostra costituzione materiale non è semplicemente compatibile con le nostre percezioni coscienti di noi stessi e del mondo. La mia tesi è che non possiamo comprendere la natura e l’origine di queste esperienze coscienti se non alla luce della nostra natura di creature viventi.6

Questa tesi, che comprende i prodotti immateriali della coscienza come originati dal corpo ed elaborati dal cervello, se da una parte pare negare l’esistenza di un’anima e di uno spirito negli esseri viventi, dall’altra mostra però i prodotti della coscienza come originati da un interno corporale che ha a che fare con l’origine, la quale permane però nella sua misteriosità lasciando intatto il “problema difficile” della coscienza formulato dal filosofo della mente australiano David Chalmers, di cui ci parla lo stesso Seth :

Com’è che la coscienza accade? Com’è che le esperienze coscienti sono collegate al funzionamento biofisico dei nostri cervelli e dei nostri corpi? Com’è che sono collegate al turbine di atomi, quark o super stringhe, o qualsiasi altra cosa di cui alla fine è fatto l’intero nostro Universo? La formulazione classica di tale questione è nota come il “problema difficile” della coscienza. Questa espressione è stata coniata dal filosofo australiano David Chalmers all’inizio degli anni Novanta e ha determinato l’agenda per molta della scienza della coscienza negli anni a seguire. Ecco come lo descrive lo stesso Chalmers: E’ innegabile che alcuni organismi siano soggetti di esperienza. E’ misterioso, però, il modo in cui questi sistemi siano soggetti di esperienza. Perché, quando il nostro sistema cognitivo è impegnato nell’elaborare l’informazione visiva o uditiva, accade che abbiamo un’esperienza visiva o uditiva? Per esempio, la qualità blu scuro o la sensazione del do centrale? Come possiamo spiegare perché si prova qualcosa come l’avere un’immagine mentale o il fare esperienza di un’emozione? Si è perlopiù concordi sul fatto che l’esperienza scaturisca da una base fisica, ma non abbiamo alcuna buona spiegazione del perché e del come essa scaturisca. Perché dopotutto i processi fisici dovrebbero dare origine a una vita interiore così ricca? Sembra oggettivamente irragionevole che debbano, eppure lo fanno.7

Che cosa comporta la considerazione delle tesi del neuropsichiatra e del filosofo?

Il primo elemento è questo: non possiamo più permetterci di pensare le creature viventi come portatrici di un dualismo irrisolvibile: in realtà tutto avviene nel corpo. E’ quindi la nostra considerazione del corpo che va modificata poiché è esso stesso portatore del mistero della vita che ci costituisce.

D'altra parte gli stessi fenomeni cosiddetti “spirituali” mostrano un modo di essere del corpo altrimenti inimmaginabile e la presenza in esso di una potenza di relazione e cambiamento, che si evidenzia in modo particolare quando le azioni hanno uno stretto legame con un modo “spirituale” di vivere il corpo: le levitazioni, le esperienze di ubiquità, i miracoli e tutto ciò che fin qui è apparso “meraviglioso” e frutto di creduloneria sono forse esperienze di un corpo che si percepisce diverso da una “macchina bestiale” e che agisce in conformità a questa diversa percezione di sé.

Si tratta allora di entrare, anche da un punto di vista scientifico, in una diversa ottica rispetto al corpo e alla materialità proprio perché è lì che si realizza la vita, la cui conoscenza, a questo punto è legittimo crederlo, non si esaurisce nella misurazione e riproduzione dei meri meccanismi fisici e biologici. 

La coscienza è l’emergenza di questa ricca e ancora misteriosa vita, che non è una mera sopravvivenza biologica, ed ha lo scopo di preservarla. Il materialismo della coscienza ci conduce a pensare la stessa materia con altri termini rispetto a un riduttivo fisicalismo e a prestare attenzione ad una serie di fenomeni fisici e psichici che sono stati finora confinati nello spazio sempre più angusto dell’esperienza spirituale e mistica, la quale quindi, alla luce delle nuove osservazioni scientifiche, non è il recinto dove lasciar correre i nostri folli e inconsulti desideri, ma luogo di espressione di elaborati che corpo e cervello determinano in base a individuabili connotazioni, a fenomenologie reperibili nei racconti e nelle testimonianze di esploratori dell’umano che, fin dai tempi antichi, hanno osato vivere fino in fondo questa realtà: ne troviamo traccia nei testi spirituali che ancora oggi ci lanciano segnali per parlarci di possibilità dell’umano che ancora non osiamo scandagliare. 

Questo è allora il cammino da percorrere, insieme alla scienza, per gustare in pienezza la vita che ancora non cogliamo appieno, ma rimane il nostro unico bene: considerare corporali i fenomeni spirituali amplia l'orizzonte di comprensione dell'intero mondo di cui ciascuno di noi fa parte.

1Seth A., Come il cervello crea la nostra coscienza, Raffaello Cortina Editore, Milano 2023.

2Ivi, 104.

3Ivi, 124.

4Ivi, 213.

5Ivi, 36.

6Ivi, 186.

7Ivi, 27.

#cervello #coscienza #neuropsichiatria #filosofiadellamente #fenomenologia #AnilSeth #DavidChalmers #corpo #spiritualità #materia #sentieridellogos.blogspot.com #LoredanaAmaliaCeccon

Nessun commento:

Posta un commento

cosa ne pensi?

iniziamo

  Immagin-azione   NO.FA.V.   Teresa era una brava traduttrice, anzi bravissima.  Aveva studiato quattro lingue e ogni quattro anni...