giovedì 16 maggio 2024

 

Immagin-azione

 

DOPO

 

Quando è stata sepolta?”

Mi pare una settimana fa…”

Ah!”

L’uomo si stava velocemente avviando chissà dove, calpestando l’erba folta e verdissima . Si fermò di colpo e ripeté: “Ah!”.

Si portò davanti a lei, guardandola fissa: “Ma è troppo presto! Troppo presto!”, ripeté come se volesse sincerarsi di essere capito. Poi continuò:”Prima bisogna che tutto si sfaldi, che tutto torni semplice, perché così non ci sarà più peso. E poi allora sarà possibile vedere. Ora ancora no, ancora no.”

Ripeteva, insistendo su alcune parole.

Forse era meglio essere cremati…”

Ma non cambia niente, non cambia il tempo, non è come prima. Deve succedere lo sfaldamento, altrimenti non si riesce a nulla. Dimmi: cosa vedi?”. Era passato al tu.

Beh, vedo te, sei un uomo, con camicia bianca e pantaloni beige, e sei scalzo. La tua faccia non la vedo tanto bene, neanche i capelli...Però la voce la sento bene, è forte e chiara, capisco quel che mi dici…”

Ecco, va già bene se non vedi la mia faccia, tutto sta andando per il verso giusto. In realtà è ancora la tua abitudine che funziona, ma piano piano saprai che non sono così, che qui è tutto diverso da come era.”

Oh, mamma! E che succede?”

Stai tranquilla, non succede niente. Non c’è bisogno di agitarsi. Ora vado via, ma quando vuoi torno qui da te.” Poi era sparito.

Quando lo aveva visto gli aveva chiesto dove si trovava, se avrebbe potuto rivedere tutti gli altri e lui le aveva fatto quella strana domanda.

Non si ricordava quando era stata sepolta, forse non c’era già più lì, nel cimitero, quando era successo. C’era solo un vago ricordo di pianti e singhiozzi mentre si allontanava, ma sapeva che sarebbero passati: in fondo aveva più di novant’anni e tutto era già stato fatto. Era arrivata l’ora di andarsene. Un po’ le dispiaceva, non era stata così brutta la vita, ma adesso era tanto tanto stanca: il suo corpo voleva essere lasciato andare, e lei lo aveva lasciato, senza troppa pena.

Si era trovata lì, in quel magnifico prato verde, con il cielo più blu che mai avrebbe potuto immaginare, scalza. La cosa la colpiva perché le scarpe era quella parte di abbigliamento che le aveva sempre creato problemi, fin da piccola: le scarpe erano davvero scomode, anche se alcune erano proprio belle a vedersi, ma tant’è, aveva dovuto rassegnarsi a portarle.

E ora...scalza! Eppure gliele avevano messe le scarpe nel sarcofago, no, nella bara, perché aveva già preparato tutto e i figli erano bravi ed obbedienti. Certo che si sentiva strana: non riusciva a toccarsi, a vedere le parti del suo corpo, mentre i pensieri sembravano diventare più facili, più leggeri, quasi evanescenti. Una settimana...ma ora non sapeva nemmeno più cosa fosse una settimana: una parola, senza più senso.

Si era messa a sedere nell’erba, un po’ confusa, sotto quel cielo che non cambiava mai C’erano però pensieri che restavano, sensazioni, sentimenti che anzi tornavano a trovarla dopo tanto tempo, vividi e presenti come vissuti in quell’istante, tutti insieme. Che meraviglia! Non si era perduto niente!

Poi di nuovo era arrivata la voce, di quell’uomo di prima, le sembrava di averla già sentita, tempo fa, ma non riusciva a metterla a fuoco, le pareva quasi di conoscerla…

Ciao! Come stai? Sono io…”

Saltò su di scatto, o almeno così credeva.

La sua voce! Lui!

Tu! Sei tu! Oh caro!”.

Sì, era proprio lui: quanto le era mancato!

Di colpo un forte abbraccio l’aveva avvolta e l’abbaiare di tre cani col ronfare di tre gatti vibrava proprio sopra i suoi piedi nudi: li conosceva, li conosceva tutti!

Andiamo adesso. Abbiamo tanto da fare. Seguimi.”

Certo, lo avrebbe seguito: tutto di lei si mise in movimento, mentre l’erba verdissima e il cielo azzurro si disfacevano a poco a poco sotto e sopra di lei.

Erano di nuovo insieme, finalmente.

O forse lo erano sempre stati... 

 

da "Birkamà e altri racconti. Piccole utopie." di Loredana Amalia Ceccon. Inedito.

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