giovedì 17 novembre 2022

Sentieri
Andrea Emo e l’immagine del nulla

 


Ogni immagine è immagine del nulla. E in questo senso l’immagine è ontologica. (Q214, 1959)1.
Tutto è immagine; e questo è il mistero di tutto. L’immagine è la forma, cioè l’essenza del mistero. L’immagine è fatta ad immagine della nostra indIvidualità; è l’universalità dell’individualità (Q. 229, 1960)2.
In principio era l’immagine, e per mezzo di essa tutte le cose furono fatte. L’immagine è in principio (creatrice e creatura della propria negazione); quale può essere la causa dell’immagine? Forse soltanto la sua negazione; tutto ciò che è originato dalla sua negazione (come l’individuo, l’attualità) è originario, è in principio ed è un principio (Q.288, 1965)3.
Qualunque sensazione è, a suo modo e nelle sue forme, una immagine. L’immagine è perciò, come la sensazione, un mistero di morte e resurrezione. L’immagine è la resurrezione della vita dalla sua negazione, dal suo tempo. L’immagine è l’immagine del nostro sacrificio, e perciò è resurrezione. Questo mistero che distrugge, col suo sacrificio, la vita, è anche la sua resurrezione in altre forme, cioè appunto come forma, resurrezione, nella forma della forma. La vita universale è una serie sempre più complessa di metamorfosi, di trasformazioni; la trasformazione è l’assoluto in nuove forme, è la creazione di sempre nuovi assoluti. (Q. 366, 1974)4.
La poesia, come il pensiero in genere, è una rigenerazione; la rigenerazione di ciò che il tempo, l’abitudine, l’uso, la fatica, consumano e livellano. La poesia è una creazione o rigenerazione di dislivelli e di distanze; restituisce alle cose, a noi, alle parole, e all’universo stesso, il rilievo che dà la contemplazione delle realtà nostre e universali, sullo sfondo del nulla da cui provengono e su cui sono sospese. Sensazione rarissima, perché è l’eclissi di tutte le evidenze, di tutti i dati, di tutti i presupposti e le condizioni. Il nulla può essere una contemplazione o un’esperienza, o una convinzione; mai una convenzione. Ma il nulla nostro, come il nulla universale, che alla fine si identificano, sono principalmente una conoscenza sperimentale; esperienza che nessuno desidera – però condizione di ogni rinascita, e di ogni certezza. La certezza non può essere rigenerata in altro modo. Il dislivello tra l’essere e il nulla, tra l’attualità e il nulla, è infinito, è l’infinito. Ma l’attualità è sempre l’attualità del nulla; cioè ne è l’esperienza. La musica è la rigenerazione del tempo. (Q. 254, 1962)5.

Emerge in evidenza, in queste poche citazioni, il legame imprescindibile che lega l’immagine e il nulla nel pensiero di Andrea Emo.

Ma chi è questo filosofo, sarebbe meglio dire “pensatore”, di cui, con diuturno lavoro, Massimo Cacciari e il suo qualificato gruppo di lavoro ci hanno dato a conoscere le rilessioni, le osservazioni, i commenti e quant’altro l’esercizio del pensiero lungo tutta una vita ha potuto ispirargli?

Ancora poco noto nel panorama filosofico italiano e internazionale, è stato scoperto dal filosofo Massimo Cacciari, al quale la moglie di Emo mostrò, nel 1986, le centinaia di quaderni, circa 38mila pagine, che il marito aveva scritto con fedeltà quasi quotidiana dal 1918 (aveva solo 17 anni!) fino a poche settimane prima di morire.

Nato a Battaglia Terme il 14 ottobre del 1901 e morto a Roma l’11 dicembre 1983, Emo apparteneva a una famiglia veneziana di nobili origini. Allievo di Gentile, non si laureò mai e preferì esercitare il suo pensiero in privato, anzi quasi in segreto, perché, pur sapendo dell’esistenza dei suoi quaderni, nessuno finché fu in vita ne lesse qualcuno.

Il suo fu un dialogo intimo, un silenzio solitario abitato dalla parola, una meditazione ininterrotta sul senso della vita e della morte alla luce della sua vasta cultura: quasi un unicum nella storia del pensiero, scaturito dalla lucida consapevolezza del riferimento al nulla che tutti ci fa essere. L’attualità del nulla rende infatti vano ogni rumore, superflua ogni immagine di cui si sia scorta l’origine, inutile ogni parola che pretenda porsi come assoluto.

Nonostante questo, però, Andrea Emo ha scritto migliaia di pagine.

Si è detto che la segretezza di cui ha coperto la sua opera è stata dettata da un atteggiamento aristocratico, distaccato dal comune sentire. I suoi scritti però mostrano un uomo attento, in ascolto del respiro del proprio tempo, col quale si confronta e che mette sul tavolo delle sue analisi.

Un uomo che, nelle ore solitarie della scrittura, vive quell’esperienza del nulla di cui molti mistici ci hanno fatto parte, che genera certo distacco, ma un distacco che nasce dalla consapevolezza della propria insanabile manchevolezza, che si fa umiltà, consapevolezza che la propria opera non è che canto al nulla da cui originiamo, così come ogni arte, a cominciare dalla poesia.

Lo dichiara egli stesso, come vediamo nell’ultima citazione che abbiamo proposto: Sensazione rarissima, perché è l’eclissi di tutte le evidenze, di tutti i dati, di tutti i presupposti e le condizioni. Il nulla può essere una contemplazione o un’esperienza, o una convinzione; mai una convenzione. Ma il nulla nostro, come il nulla universale, che alla fine si identificano, sono principalmente una conoscenza sperimentale; esperienza che nessuno desidera – però condizione di ogni rinascita, e di ogni certezza.

Emo non parla a caso di “esperienza”: l’esperienza è ciò che si vive sulla propria pelle, unica e individuale, che ci trasforma e ci rende di volta in volta ciò che siamo. Come non pensare, dopo queste parole, che egli stesso abbia fatto esperienza di quell’eclissi di ogni conoscenza e certezza che è il nulla, che abbia veduto, come accade nel gesto artistico, lo sfondo del nulla in cui ogni avvenimento o sensazione, ogni parola o cosa è sospesa?

Il chiuso baule dei suoi quaderni, il silenzio quasi ininterrotto con cui ha coperto le parole scaturite dalla vita, possono allora essere la testimonianza di un’umiltà radicata, portata alle estreme conseguenze, di una intenzionalità purificata nel chiuso di uno studio vissuto quasi come un cenobio, nel quale Emo vive alla luce inesprimibile del nulla alimentato dalla sua fede.

Il suo pensiero acquista così la consistenza di un’esistenza vissuta in profondità; le intuizioni, gli aforismi, le analisi e le deduzioni non costituiscono un castello dalle torri innumerevoli, ma la narrazione continua di una vita interiore intensa e sempre partecipe, che si interroga senza interruzione su quel nulla a cui la vita pare radicata e da cui è originata.

E proprio il suo continuo domandare è un sentiero, a volte aspro, su cui vale pena di condurre, almeno per un poco, i nostri passi. 

 

Andrea Emo

IN PRINCIPIO ERA L’IMMAGINE

a cura di Massimo Donà. Romano Gasparotti e Raffaella Toffolo

Bompiani, Milano 2019


1Ivi, 151.

2Ivi, 152.

3Ivi, 158.

4Ivi, 172.

5Ivi, 211.

 

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