Pensieri
La soglia interiore
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Abbiamo visto il formarsi interno dei “pensieri del cuore”, che giungono ora a quella che possiamo definire una “soglia”, un punto di passaggio.
“Tutto questo finora è avvenuto mantenendo un radicamento con il fondo primordiale. Ma a questo punto l'individuo, forte delle sue potenze, può desiderare di espandersi completamente al di fuori di sé, gettandosi con tutto se stesso nel mondo esterno, magari col desiderio di afferrarne le incomparabili ricchezze. Questo è certamente possibile, poiché l'esterno che circonda l'uomo è fatto degli stessi elementi che egli ha potuto percepire in se stesso. Il rischio però è che, nello slanciarsi fuori senza avere ancora una armoniosa consapevolezza di sé, senza avere prima compiuto una consapevole discesa agli inferi, l'anima si confonda e si perda nell'esterno, trovandosi senza nome in un mondo ignoto.
Questo è causa di grande sofferenza per l'anima stessa e per coloro che la circondano; lo stesso mondo fisico nel quale necessariamente opera soffre una disarmonia che è ulteriore causa di dolore.
Questo dolore in continua espansione può condurla alla disperazione, la massima lontananza dell'anima dalla sua vita originaria, con esiti distruttivi, oppure generare in lei un desiderio di ritorno al fondo primordiale per riscoprirvi le ragioni della propria vita.
Se l'uomo dà ascolto al desiderio della sua anima inizia un percorso di ritorno verso la soglia da cui si è staccato, ricercando le tracce della strada che può ricondurlo al luogo da cui la sua anima si era slanciata immaturamente all'esterno: si può chiamare “ascesi” questo movimento, perché richiede la forza di salire sopra i detriti accumulati sull'anima per guardare l'aperto orizzonte limpido e distinguervi il percorso necessario.
Quando finalmente distingue la strada può iniziare il ritorno verso la soglia, là dove le potenze hanno cominciato ad operare e dove ha percepito le prime parole interiori, che hanno poi preso forma in parole esteriori. Da lì l'anima può affacciarsi alla sua vita primordiale e contemporaneamente restare in contatto con l'esterno.
Quando però vi giunge dopo essersi perduta, ha bisogno di imparare nuovamente ad usare, ora consapevolmente, quei sensi spirituali che soli sono in grado di portarla in contatto col suo proprio fondamento, con la sua vita originaria. La stessa volontà che aveva chiamato a sé le altre potenze per accumulare tutte le cose di valore che salivano dal fondo dell'anima, ora, consapevole del rischio di perdere non qualcosa, ma tutta l'anima, l'aiuta a spogliarsi di ogni peso. Si tratta ora di una “discesa”, di un consapevole ritorno al mondo infero. Le potenze formate non vengono perdute o abbandonate: avviene però una purificazione psichica e spirituale, vi è la necessità di sfogliare la rosa dell'anima fino a giungere al centro di essa, dove l'uomo può toccare il fondo inconscio da cui sono stati generati i moti successivi.
Bisogna che l'anima torni là dove nascono i “pensieri del cuore”. Giunge quindi nuovamente al luogo di ingresso nella pura esistenza: da qui si affaccia sull'abisso dell'origine che la attira verso sé per fornirle nuovamente il nutrimento di cui ha bisogno per vivere. Il terrore può afferrare l'anima che contempla l'abisso: l'ignoto può nascondere il Vuoto, il Nulla, la sua fine totale oppure la possibilità di un abbraccio con il Genitore primordiale. Solo se è così leggera da potersi muovere liberamente in quello spazio amniotico spirituale da cui ha preso origine e di cui è fatta, l'anima ritrova se stessa, può assumere il nutrimento che le fornisce la forza di risalire verso la soglia e da lì riprendere i contatti con l'esterno senza più perdersi: ora infatti la traccia del percorso rivissuto diventa un patrimonio anche delle potenze, della coscienza (di cui l’immaginazione è forma) e della volontà e ciò le consente di tornare all'origine ogni volta che ne abbia necessità.
L' incessante pellegrinaggio alla sua fonte di vita non rimane nascosto a coloro che la circondano: ella quindi diventa testimone di questa possibile unione con l'eterno che è il suo fondamento già in questa vita corporale. Inoltre, conoscendone l'esistenza, ella può fare da guida ad altre anime, dare loro indicazioni per trovare la loro via interiore verso il compimento, la pienezza di sé.
La soglia interiore segna però uno scarto ineludibile nel passaggio. Verso l'interno ciò che avviene tende ad assumere nuovamente la modalità di esistenza dei “pensieri del cuore”, quindi una sorta di magmaticità primitiva. Il percorso interiore quindi non può essere descritto in modo compiutamente formale: può solo essere presentificato attraverso immagini e parole segnale, che sono ancora meno che simboli; le vie interiori sono come notti d'estate illuminate solo da minuscole lucciole: esse ci attirano in luoghi arcani, ma scompaiono appena cerchiamo di afferrarle.
Le luci appaiono piccole perché la notte in cui ci immergiamo è immensa, incommensurabile. Ma appena varchiamo la soglia verso l'esterno entriamo nel campo dei modi finiti, delle forme; qui è possibile formulare immagini e comunicazioni verbali, nelle quali verrà presentificata l'esperienza interiore compiuta in precedenza utilizzando tutte le risorse disponibili alle potenze: a contatto con ciò che è finito quelle che parevano luci minuscole nella grande notte interiore si svelano come lumi di grande potenza, di energia inestinguibile, in grado di fornire una luce senza uguali in molteplici campi della vita umana.
È quindi possibile stare come individui, almeno per tempi limitati, solo all'esterno o all'interno di noi stessi; a volte può addirittura essere necessario, Questo però non risponde alla struttura originaria del nostro essere: la vita umana è fatta in modo tale che ognuno di noi ha il compito di illuminare gli altri con le piccole luci che raccoglie nella propria interiorità dal momento in cui riprende il pellegrinaggio verso la sua sorgente di vita. L' incessante movimento di com-passione e di com-unione che si svolge tra l'interno e l'esterno di ogni uomo è come lo sgorgare dell'acqua da una fonte: essa fluisce dalle profondità e viene in superficie, alimentando in questo modo corsi d'acqua più ampi che danno la possibilità di uno sviluppo rigoglioso a tutto ciò che sta all'esterno. Si tratta di un infinito processo creativo, poiché non vi è mai un ritorno dell'identico ma tutto fluisce infinitamente in eterna genesi. Come ormai sappiamo, l'acqua può però anche essere inquinata da azioni dell'uomo non rispondenti alla primordiale armonia inscritta nel suo codice genetico; i motivi possono essere molteplici, ma non li indaghiamo in questa sede. Ci basta aver disegnato in modo sintetico, avvalendoci del lavoro filosofico di Edith Stein su cui è costruita in particolare Scientia Crucis, la topografia della struttura dell'essere umano e alcune relazioni fondamentali che avvengono in essa.
Vi è quindi una soglia tra ciò che è "dentro" di noi e ciò che è "fuori".
È su questa soglia che si incontrano quelli che comunemente chiamiamo "i mistici" e i poeti, tanto che spesso le due figure arrivano a coincidere nella stessa persona, come in Giovanni della Croce.
Abbiamo visto che qui si formano le immagini che poi verranno declinate in diversi linguaggi: qui la parola interiore prende forma e diventa parola esteriore.”
da
Loredana Amalia Ceccon
“Il Mistico, un “luogo” comune. Riflessioni sui fondamenti antropologici dell’esperienza mistica secondo Edith Stein”, inedito 2010.
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