Pensieri
Interno ed esterno
#interiorità #esteriorità #immaginario #pensieromitologico # pensieridelcuore #senso #origine
#filosofia #teologia #loredanamaliaceccon
#sentieridellogos.blogspot.com
L’immaginario che costituisce il patrimonio dell’esistenza di ciascuno di noi, che rende ognuno di noi unico e inimitabile è quindi frutto dei percorsi dell’anima attraverso la soglia che distingue l’interno e l’esterno; il nostro stesso corpo ne indica la realtà: abbiamo una parte di noi che è immediatamente percepibile ai sensi, esterna, e una parte che invece ha necessità di mezzi particolari, specifici, per essere conosciuta e indagata: i nostri organi sono appunto “interni”, per non parlare del nostro cervello che, pur estratto dalla sua scatola cranica, ancora non rivela compiutamente il suo funzionamento interno.
Le nozioni di “interiorità” ed “esteriorità” sono quindi parte integrante del nostro modo di conoscere e tra la prima e la seconda, come abbiamo visto attraverso la Stein, avviene un passaggio, vi è l’attraversamento di una soglia che ne mette in evidenza la specificità. Abbiamo visto che le primordiali conoscenze interiori formano quelli che abbiamo chiamato i “pensieri del cuore”, conoscenze radicate, certe e vitali, in parte ricevute e in parte, già dal momento del concepimento, interagenti con l’esistenza propria e altrui: non hanno una forma come quelle che ordinariamente noi utilizziamo, ma sono pulsazioni, energie, dinamismi emotivi e connessioni che saranno determinanti per ciò che noi saremo e siamo in relazione al mondo esterno. Potremmo forse dire che sono quel territorio magmatico in cui l’origine, il nostro inizio come individui e come specie, continuamente si rinnova e con cui siamo sempre in contatto, in modo consapevole o meno. Lì vive il mistero della nostra vita e quello del cosmo di cui siamo parte e da lì partono gli impulsi che determinano il nostro vivere e il nostro morire.
La nostra vita interiore poi cerca di entrare in relazione con tutto ciò che esiste fuori di essa, determinando gesti, costruendo immagini e infine articolando parole e pensieri formali interconnessi, “logici” potremmo dire, che prendono il loro spazio nel mondo esterno eseguendo costruzioni e relazioni ad essi correlate. I processi che si innescano sono sempre complessi e coinvolgono porzioni significative del nostro ed altrui mondo.
Tutto questo appare naturale e inevitabile: l’essere umano è necessariamente spinto ad esteriorizzare la propria interiorità, sia per la propria sopravvivenza, sia per un innato desiderio di conoscenza e relazione che lo costituisce.
Il problema si pone quando il naturale movimento tra interno ed esterno non avviene in modo armonioso e l’esteriorità prende il sopravvento sull’interiorità, quando l’agire umano perde il contatto con l’origine, con ciò che costituisce il senso del suo esistere. Questa perdita di armonia genera sempre sofferenza, in noi e negli altri. Si può ignorarla, nasconderla, negarne l’evidenza, ma prima o poi in qualche luogo di noi o del mondo che abitiamo essa rivelerà che ci stiamo allontanando troppo da quella soglia che dovremmo invece tenere sempre in vista.
Quelli che abbiamo chiamato “dei” nei tempi antichi, ai quali ci si rivolgeva e con cui si desiderava restare in contatto attraverso preghiere e riti, erano forse il richiamo dell’interiorità a non dimenticarsi del mistero di cui siamo costituiti, a tenere conto di quei magmatici pensieri del cuore da cui dipende il nostro essere.
Ecco perché il “pensiero mitologico” ha ancora molta importanza ai nostri giorni, con l’istituzione di nuovi miti e riti cosiddetti “laici”: fa parte integrante della nostra esistenza e la sua funzione non è esaurita, evidentemente. Il punto cruciale però è questo: ne abbiamo perso il senso e lo scopo: metterci in contatto con la nostra interiorità.
Nonostante secoli di riflessioni e di discussioni, nonostante la semplificazione e purificazione dei diversi paganesimi in forme spirituali rispettose delle libertà degli individui e indirizzate alla compassione e alla fraternità universale, ci si abbandona senza remore a miti che ci riportano a momenti oscuri della storia dell’umanità, carichi di violenza e di sopraffazioni.
L’immaginario di cui si serve il nostro pensiero ha quindi delle conseguenze, determina il nostro modo di comportarci, le nostre scelte singolari e collettive, non è mai ingenuamente innocente.
Ecco perché diventa necessario non abbandonarci passivamente al corso delle immagini in cui è immerso il nostro presente, ma comprenderne il senso profondo per ricondurle al loro scopo primordiale: tracciare percorsi per il ritorno all’origine.
Nessun commento:
Posta un commento
cosa ne pensi?