venerdì 30 dicembre 2022

Immagin-azione

 


QUADRO SEDICI: MARIETTA

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Giunsero così insieme in una radura fiorita, ma immersa in una fitta bruma che si accaniva su un piccolo balcone, affacciato a un palazzone con tante finestre.
Tra gli spessi riquadri della balaustra lucevano bacche rosse e occhieggiavano piccoli fiori tondi e gialli, sporti con curiosità verso la strada più sotto.

Da lì si vedeva, in tutta la sua imponenza, ergersi, sprezzante e crudele, il MURO.

Si stendeva, cupo e grigio, per chilometri e chilometri, a perdita d’occhio, tracciando una ferita scura e netta fino all’orizzonte.
La sua massa colossale lacerava il territorio circostante e separava con rabbia la città dal diffuso e quieto chiarore che si espandeva al di là di essa.
Già molte strade e case e palazzi stavano schiacciati all’ombra del grande MURO, che pareva alzarsi e crescere vieppiù, fin quasi al cielo.

Solo dai palazzi più alti ancora si scorgeva qualche barlume della calma pace che dietro esso stava.
Bisognava altrimenti levare il capo e stare così, con la testa arrovesciata verso la schiena, a guardare brani di azzurro cielo che ancora splendevano in alto, tra gli artigli del MURO.

Ma in quel punto, dove quel terrazzino in ferro battuto ormai sgangherato protuberava all’esterno, il MURO pareva più basso.

Vi era in esso una concavità strana, come se qualcuno o qualcosa avesse camminato sopra di esso in quello spazio, attraversandolo incessantemente per andare di là e poi tornare, consumandone così la sostanza.
E mentre a destra e a sinistra l’ombra già avvolgeva, rendendole indistinte, pareti e finestre, lì invece si posavano senza fatica e inciampi i raggi del sole.

Dietro i vetri, chiusi per il rigore invernale, stava una donna non più giovane, ma ancora non imbiancata dal tempo, seduta su una sedia a rotelle.
La stanzuccia era misera, arredata con mobili di poco prezzo e qualche stampa alle pareti: un bimbo, un gatto, un vaso di fiori, il Signore Gesù.
Sul letto faceva bella mostra di sé un copriletto a uncinetto, tutto di grossi rombi multicolori, che rallegrava l’ambiente illuminato solo dalla porta finestra.
Sopra il tavolo, circondato da quattro sedie, una grande pianta grassa fioriva in viola, evidenziando un centrino candido, ricamato a piccoli cesti di rose.
In un angolo vi era un lavello con lo scolapiatti, la cucina a gas e un piccolo frigorifero, mentre una porta angusta portava forse a un piccolo servizio.
Infilati nei riquadri di un vecchio buffet con vetrina si intravedevano fotografie di volti sfocati e cartoline con paesaggi e saluti; sul ripiano, un lumino brillava dentro una piccola grotta in plastica portata da Lourdes, ai piedi del quale Bernadette, col suo bianco fazzoletto sulla testa pregava la Madonna.

Tutto era a posto e pulito e un leggero aroma di pino si levava dai termosifoni appena tiepidi, diffondendosi piacevolmente all’intorno.
Vi era un grande silenzio, non interrotto nemmeno dal ticchettio della grossa sveglia che campeggiava accanto al letto, incurabilmente guasta.

Marietta pareva immobile, abbandonata in un tranquillo torpore, con il vecchio plaid gettato sulle ginocchia e le grosse pantofole marroni ai piedi, mentre le prime luci del mattino sbirciavano alla sua finestra e lanciavano barbagli chiassosi sulla sua coperta, sulle suppellettili, sul volto della donna.

Maistral vide in quel momento un leggero movimento scorrere sulle labbra di Marietta, impercettibile quasi: forse un bisbiglio, o un afono lamento, mentre gli occhi perfettamente chiusi non mostravano accorgersi delle luci monelle che vi danzavano sopra.

Guardò meglio; si accorse allora che qualcosa trascorreva con lentezza regolare tra le dita raccolte nel grembo: un rosario, coi grani piccoli e fosforescenti che accompagnavano il movimento della bocca: “…prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen.”
Terminata la preghiera, la perlina che aveva brillato un attimo lassù, tra pollice e indice, spariva nella mano paffuta e si rimetteva in fila, ad aspettare il suo turno.

Maistral rimase a fissare Marietta mentre pregava così, con gli occhi chiusi, fino a che la sua attenzione non fu attratta da quella che poteva apparire come una coincidenza: ogni volta che la donna arrivava a un “Amen”, dal MURO si staccava un polverìo che si perdeva nell’aria, lontano.
Poi, completata una decina, un sassetto cadeva giù, sbriciolandosi nella terra pestata, mentre a ogni corona una grossa pietra franava, rimbalzando fino al fosso che correva di lato alla strada, per poi sparire giù giù, nelle fogne.
Infine si completò tutta la grande preghiera, e un pezzo intero del MURO ruzzolò in basso, metà di qua e metà di là, e si arrestava il procedere arcano che cresceva il MURO fino al cielo.

A ogni polverìo una foglietta veniva ad unirsi all’insieme che ora, nella radura, zittamente posava; a ogni sassetto o pietra un gruppo d’ombre abbandonato nell’aria veniva portato non si sa come, mentre si udiva sussurrare: “Dove? Dove?”.
Quando poi Marietta terminava l’intero ciclo si sentiva il volo di molte farfalle e tutte, tutte le foglie radunate si levavano in alto, mutate, con ali di fiamma e d’oro, di cobalto e di smeraldo, accompagnando le litanie finali con un chiaro sospiro di risposta: “Intercedi per noi!”, e slanciandosi infine nella lucente prateria al di là del MURO.
Pieno di stupore Maistral non proferiva parola o pensiero; restava immerso nell’erba mentre intorno a lui la bruma si alzava in forme indefinite che insieme gli parlavano:


Per te
ancora lume di stelle
la nera notte
acchiara.

Prega per noi
che dalla fitta bruma
portiamo
i nostri passi al Padre:

luce farà al cammino
la terra desolata
finchè insieme
all’Amor si sia.


Marietta intascò il suo rosario e Maistral si sentì scuotere rudemente mentre una voce sgraziata gridava: “Ehi! Tiress su! Dai Dai!…Ma varda ti!…Tiress su che gu de laurà!”.

Maistral si sforzò di alzarsi mentre quello lo strattonava, lo sberlottava e lo spingeva senza riguardo, cercando di toglierlo dai sacchi di spazzatura.


Da “Il viaggio di Maistral”, di Loredana Amalia Ceccon. Inedito

 

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