Sentieri
L’immaginario di Murakami Haruki
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“La ragazza si portò un dito alle labbra piccine.
Ammutolii.
«L’uomo-pecora ha il suo mondo. Io ho il mio,. E tu hai il tuo. Non è così?»
-Sì, certo.
«Quindi se io non esisto nel mondo dell’uomo-pecora, non significa che non esista veramente».
-Insomma...i nostri mondi sono tutti ingarbugliati insieme, -dissi. -Il tuo, il mio, quello dell’uomo-pecora...A volte si sovrappongono e a volte no. È questo che vuoi dire?
La ragazza fece cenno di sì due volte.”1
“La fregatura, con i labirinti, è che soltanto alla fine sai se hai preso la strada giusta. Se scopri che ti sei sbagliato, di solito è troppo tardi per tornare indietro. Questo è il problema con i labirinti”.2
La strana biblioteca di Murakami è un piccolo racconto con delle suggestive illustrazioni di Lorenzo Ceccotti, il cui protagonista, un ragazzo, entrando nella biblioteca civica del suo paese, viene risucchiato in una realtà inaspettata e incarcerato in un labirinto. L’esperienza lo coinvolge profondamente da tutti i punti di vista: affettivo, olfattivo, gustativo, uditivo e tattile. Il ragazzo si trova immerso in una realtà onirica in cui si mescolano i piani e si moltiplicano le possibilità tra cui, orrida prospettiva, quella che il cervello gli venga risucchiato da un vecchio, accompagnato da un terribile cane nero, in una notte di luna nuova. L’uscita dal labirinto sotterraneo della biblioteca viene resa possibile dall’ uomo-pecora che è il suo carceriere e da due trasformazioni: la ragazza evanescente che gli ha portato cibi succulenti nella prigione e che lo ha baciato si trasforma nello storno da lui tanto amato, che pareva morto, e questo acquista delle dimensioni tali da poter superare la forza dello spaventoso cane nero, che era anche la causa dell’apprensione della madre poiché lo aveva già aggredito anni prima.
Prima della fuga avviene un colloquio con la ragazza, non però attraverso la voce, bensì con lo strumento dei muti: le mani. La comunicazione e i percorsi, con i loro modi di presentarsi, si intersecano quindi nei diversi livelli dell’esistenza costituendone la narrazione, nella quale non è sempre possibile discernere ciò che è reale e ciò che è fantastico, poiché anche quest’ultimo può avere origine in un vissuto concreto, a volte confuso e doloroso. L’immaginario crea delle traiettorie possibili, dei labirinti da cui dobbiamo cercare di sfuggire trovandone l’uscita, delle impreviste possibilità di soluzione, ma certamente questo comporta delle perdite e coinvolge chi si preoccupa di noi. Avviene però a un certo punto una perdita definitiva, la morte, e di fronte ad essa l’immaginario mostra ciò di cui è fatto:
“Mia madre è morta martedì scorso. A causa di una malattia misteriosa, martedì mattina se n’è andata in silenzio. C’è stato un semplice funerale, e adesso sono del tutto solo. Senza mia madre. Senza il mio storno. Senza l’uomo-pecora. Senza la ragazza. Sto qui disteso da solo nel buio, alle due del mattino, e penso a quella cella al piano interrato della biblioteca. Quando sono solo, il buio intorno a me si fa molto profondo. Come in una notte di luna nuova”3 .
Tutto confluisce nel nulla, da cui ogni cosa ha origine.
1Murakami Haruki, La strana biblioteca, Einaudi, Torino 2015, 39-41.
2Ivi, 60.
3Ivi, 75.
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