Pensieri
Sull’anima
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Istruiti dalla mente, vediamo rivelarsi a noi la parte più intima del nostro essere, a cui diamo un nome altrettanto intimo: “anima”. Anima, humus dei desideri, delle emozioni e della memoria, che era in noi fin da prima della nostra nascita, in uno stato che potremmo definire di prelinguaggio e di precoscienza – non senza che un canto nativo fosse già presente -, privi di coscienza o di linguaggio. Tutta d’un pezzo, indivisibile, irriducibile, insostituibile, assorbe davvero i doni del corpo e della mente, dunque è pienamente incarnata: è il segno dell’unicità di ciascuno di noi e, perciò, della vera dignità di ciascuno di noi. L’anima si rivela l’unico dono incarnato che ognuno di noi possa lasciare.1
Lo scrittore François Cheng ci introduce egregiamente in argomento e pare, in questo breve introito, che già tutto sia stato detto.
Vale però la pena di considerare alcune domande che rimangono sospese: l’anima dunque è qualcosa in me o sono io? Ne faccio esperienza o ne teorizzo l’esistenza? Se esiste, perché esiste? E che ne è dell’anima di fronte alla morte?
Rimando al bel libro di Gianfranco Ravasi “Breve storia dell’anima”2 per un panorama generale sul tema, che ha coinvolto gli esseri umani fin dai primordi della loro esistenza: non è forse per un desiderio o un’idea di tornare a vivere in qualche forma e chissà dove, che i nostri antenati preistorici seppellivano i loro simili con suppellettili e oggetti quotidiani?
L’anima è quindi legata indissolubilmente alla vita e alla morte degli individui e alla loro idea del prima e del dopo relativi a questi fatti originari.
Nelle parole di Cheng vediamo due elementi che accompagnano l’anima: il corpo e la mente. Siamo abituati a distinguere, nel nostro linguaggio analitico, le parti che cogliamo come diverse l’una dall’altra nel mondo che ci circonda e cerchiamo di capire i legami che si instaurano tra esse, per poterle meglio imbrigliare nelle nostre definizioni. Il corpo è per noi la parte fisica e meccanicistica del nostro essere, che possiamo smontare e rimontare, e le cui parti possono essere sostituite per poter continuare a vivere. La mente per noi oggi copre lo spazio semantico di quella che i greci chiamavano psyché, l’interiorità psichica che vive col corpo e che, a seconda delle credenze, gli apporta le idee o ne informa l’esistenza.
Non basterebbero questi due elementi per stare al mondo? Secondo alcuni in effetti, noi siamo tutti in questi due elementi, che intercettano ciò che esiste fuori di essi e gli si relazionano. Perché allora continuiamo a parlare di anima? Per Cheng l’anima è ciò che fa di noi un “uno”, un “ciascuno” distinto dall’altro, un unicum la cui origine è preesistente il corpo e la mente e che avrà una continuità dopo che corpo e mente saranno estinti.
L’immaginario sull’anima la vede spesso come una specie di fantasma, un che di impalpabile e inafferrabile che alla morte abbandona il corpo per slanciarsi in altri luoghi, misteriosi e sconosciuti, e il cui destino è legato alle azioni che sono state compiute in vita.
Quando abbandona il corpo essa porta con sé molte caratteristiche psichiche dell’individuo che ha contribuito a formare, conservandone l’unicità in vista di un ritorno all’unione con corpo e mente, che avverrà, per la fede cattolica, nella resurrezione alla fine dei tempi.
Personalmente la vedo come un organo spirituale, che permea tutto il mio essere, ma non solo; la mia anima, e così l’anima di ciascuno di noi, entra in relazione con gli altri e con il mondo, comprendendoli come anima e creando con essi continuamente una nuova opera, una nuova creazione. Ciò che noi percepiamo come fuori di noi è il frutto dell’azione dell’anima e delle anime su ciò che esiste e che, essendo prodotto dallo Spirito divino, è anch’esso in relazione col suo creatore, ha anch’esso la sua parte di anima che mantiene il legame originario con lo Spirito.
L’anima quindi, in tutte le sue forme, è per me il legame originario con lo Spirito di Dio che, in quanto creatore, vive nell’anima come funzione creatrice nei confronti di tutti gli esseri, sia quelli che chiamiamo animati sia quelli che chiamiamo inanimati.
In Rm 8, 19-23 si dice: “ Infatti la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio, perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta, non senza speranza però che la creazione stessa sarà anch’ella liberata dalla servitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Poiché sappiamo che fino ad ora tutta la creazione geme insieme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro noi stessi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo.”
Com’è vitale questa creazione! Aspetta con impazienza, con speranza, la sua liberazione dalla corruzione, geme ed è in travaglio, come noi è in attesa della redenzione del corpo, che appaia alla luce l’essere anima del corpo, la sua trasfigurazione!
Questa fraternità d’anima con la creazione, questo Spirito in noi che è l’anima nelle molteplici vicende che la coinvolgono nella storia, non può sfuggire a questo compito: sottrarsi, insieme alla creazione, alla caducità. Ciò che deve venire alla luce è il mistero della sua vita nello Spirito, che è eterno. Chi vuole nascondere, cancellare questo legame originario tra gli esseri umani, la creazione e lo Spirito di Dio non fa che rendere più faticoso e doloroso il cammino verso questo destino.
1 F. Cheng, L’anima. Sette lettere a un’amica, Bollati Boringhieri, Torino 2018, 35.
2G.F. Ravasi, Breve storia dell’anima, Oscar Mondadori, Milano 2009.
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