Sentieri
Hillman: il cuore estetico
Abbiamo parlato dei “pensieri del cuore” in Edith Stein e della relazione che lega l’immaginazione e la disciplina filosofica che denominiamo Estetica. Ci facciamo ora aiutare da James Hillman (Atlantici City, 1926,-Thompson 2011), psicoanalista, saggista e filosofo statunitense per cercare di mettere a fuoco il nesso che le lega.
Introduciamo il discorso riportando alcune righe di un articolo pubblicato l’11 aprile 2023 dal quotidiano Il Giorno nella rubrica QN Salus, che informa sul risultato delle indagini di Lucia Macchia, ricercatrice della City, University of London, intorno al problema del dolore:
A fine marzo Macchia aveva pubblicato su PNAS un’indagine mondiale da cui emergeva il dilagare di tristezza e disagio emotivo: dal 2009 al 2021 i sentimenti di tristezza, preoccupazione e stress sono divenuti sempre più pervasivi fra le persone di tutto il mondo. In particolare, le segnalazioni di disagio emotivo nel mondo sono aumentate dal 25% nel 2009 al 31% nel 2021 (+24%).
Questa situazione si è aggravata certamente con l’avvento del Covid ma, come si vede dalle date, era già presente in modo massiccio già nella prima decade del 2000.
Che cosa ha causato questa generalizzazione del disagio? Hillman, nel breve testo di cui ci occupiamo1, già agli inizi degli anni ‘80 aveva colto la radice di questa problematica: il disagio psichico di cui soffrivano molte persone spesso non era derivato da una situazione soggettiva, legato a condizioni personali specifiche, ma rifletteva problematiche che si evidenziavano nel mondo delle cose, nel mondo esterno ai pazienti, i quali mostravano nella loro sintomatologia che il malato era il mondo che essi abitavano.
Cosa stava accadendo? La relazione tra interno ed esterno si rivelava mancante di quella che Hillman chiama anima, che è certamente la psiche dell’individuo, ma è anche qualcosa di più: la possibilità di rapportarsi al mondo in modo significativo, di mettersi in comunicazione con esso, di coglierne la bellezza. È venuto a mancare il contatto con quella che i platonici e Marsilio Ficino denominavano anima mundi.
Proviamo a immaginare l’anima mundi come quella particolare scintilla d’anima, quella immagine germinale, che si offre in trasparenza in ogni cosa nella sua forma visibile. Allora anima mundi indica le possibilità di animazione offerte da ciascun evento per come è, il suo presentarsi sensuoso come volto che rivela la propria immagine interiore: insomma la disponibilità di ciascun evento a essere oggetto dell’immaginazione, la sua presenza come realtà psichica2.
Questa deficienza, questa insufficienza, fa sì che la nostra psiche si trovi in uno stato di forte sofferenza, denunciata da sintomi che paiono però riferirsi ad uno stato del mondo in cui il soggetto vive. Per sanare questa grave scissione è allora necessario instaurare nuovamente una connessione tra il soggetto e il mondo che abita, ristabilirne la relazione. Ma come? Hillman suggerisce che sia proprio il cuore il mezzo attraverso il quale questo è possibile:
Nel mondo antico, l’organo della percezione era il cuore, il quale, attraverso i sensi, era direttamente collegato con le cose. La parola per indicare la percezione o sensazione in greco era aisthesis, la cui radice rimanda a un ispirare, a un accogliere il mondo all’interno, quel trattenere il fiato – Aha! Uh! - per la meraviglia, lo shock, lo stupore, una risposta estetica all’immagine (eidolon) che ci si presenta. Nella fisiologia degli antichi greci e nella psicologia biblica, il cuore era l’organo della sensazione, ed era anche il locus dell’immaginazione. Nel cuore e intorno al cuore era localizzato il senso comune (sensus communis), la cui funzione era l’apprensione delle immagini. Anche per Marsilio Ficino, lo spirito del cuore riceveva e trasmetteva le impressioni dei sensi. La funzione del cuore, dunque, era estetica. Nella risposta estetica del cuore, l’atto di percepire il mondo con i sensi e l’atto di immaginare il mondo non sono separati, come accadrà nelle psicologie successive, derivate dalla Scolastica, da Cartesio e dall’empirismo inglese [...] Dicendo “cuore” non intendo il soggettivismo sentimentale che fu il portato romantico della perdita dell’aisthesis […] Ma noi fermiamoci sul cuore estetico della tradizione antica e di Firenze. È questo cuore che voglio ridestare a una risposta estetica al mondo3.
Il cuore è per Hillman il luogo in cui si formano le immagini ed è appunto attraverso le immagini che possiamo giungere all’anima delle cose:
Un oggetto testimonia di sé nell’immagine che offre, e la sua profondità risiede nelle complessità di quella immagine. La sua intenzionalità è sostanziale, data con la sua realtà psichica; reclama, è vero, la nostra testimonianza, ma non ne ha bisogno. Ciascun evento particolare, compresi noi esseri umani con i nostri pensieri, sentimenti e intenzioni invisibili, rivela, nell’immagine che offre, un’anima […] ciascun oggetto è un soggetto e la sua autoriflessione è ostensione di sé, è la sua “radianza”4.
Nel capitolo dedicato ai “Pensieri del cuore”, in cui presenta la forza immaginativa, la himma, di cui parla Henri Corbin nel suo testo L’immaginazione creatrice. Le radici del sufismo (Laterza, Bari 2005), il nostro autore mostra il legame fondamentale tra immaginazione e cuore, dal quale può sorgere una diversa forma di intelligenza, di comprensione:
La filosofia enuncia il mondo con le immagini delle parole. Perché possa mediare il mondo in modo veritiero, essa deve nascere nel cuore, perché, come dice Corbin, è questo organo sottile a percepire le corrispondenze e le sottigliezze della coscienza e i livelli dell’essere. Tale comprensione ha luogo per mezzo di immagini, le quali sono una terza possibilità tra mente e mondo. Ciascuna immagine coordina al suo interno qualità di coscienza e qualità di mondo, e parla, nella sua peculiarità, della compenetrazione tra coscienza e mondo, ma sempre e solo come immagine che è originaria rispetto a ciò che coordina. Questa intelligenza dell’immaginazione risiede nel cuore: l’espressione “intelligenza del cuore” connota l’atto di conoscere e amare simultaneamente per mezzo dell’atto immaginativo5.
Hillman sostiene che entrare in un altro ordine di conoscenza può permetterci di mettere in atto una pratica che cambia il nostro modo di approcciarci alle cose:
L’andare con il cuore verso il mondo sposta la psicoterapia dal concepirsi come una scienza all’immaginarsi piuttosto come un’attività estetica. Se l’inconscietà può essere ridefinita come insensibilità e l’inconscio come l’an-estetico, ne consegue che l’apprendistato della psicoterapia richiederà l’affinamento della percezione, dovrà basarsi sul cuore che immagina e sente le cose: bisognerà ridestare ed educare il cuore. Farà parte di questo apprendistato lo studio delle incarnazioni dell’anima mundi, vuoi nella lingua, nelle arti o nei rituali, l’addestramento dell’occhio e dell’orecchio, del naso e della mano a percepire davvero, a fare gesti giusti., a compier i giusti atti riflessi, come i bravi artigiani. Il lavoro invisibile del fare anima troverà le sue analogie nella visibilità delle cose ben fatte. Il compito cognitivo non sarà più la comprensione dei significati, ma la sensibilizzazione ai particolari, l’apprezzamento della intelligibilità insita nelle configurazioni qualitative degli eventi6.
Si tratta di partire dal cuore per comprendere il mondo nelle sue immagini, che riceviamo attraverso i sensi, e non viverlo più come estraneo, esterno, completamente altro da noi, ma come una realtà a cui compartecipiamo, di cui “sentiamo” l’anima nel riverbero che essa ha nella nostra intimità, nella nostra interiorità. La risposta al disagio verso il mondo è una risposta “estetica”:
Scusatemi se insisto: per risposta estetica non intendo affatto abbellimento. Non intendo piantare alberi e andare ai musei; non intendo modi raffinati, musica discreta in sottofondo, siepi ben potate: quell’accezione sterilizzata, deodorata della parola “estetica” che la ha privata di denti lingua e dita. Bellezza, bruttezza e arte non sono né il contenuto esauriente dell’estetica né la sua vera base. Nell’accezione neoplatonica, la bellezza è semplicemente la manifestazione, l’ostensione dei fenomeni, il manifestarsi dell’anima mundi; non esistesse la bellezza, gli Dei, le virtù e le forme non potrebbero rivelarsi. La bellezza è una necessità epistemologica; l’aisthesis è il modo in cui noi conosciamo il mondo. E Afrodite è la nudità delle cose mentre si mostrano all’immaginazione sensuosa. Dunque, ciò che intendo per risposta estetica è qualcosa di più vicino, semmai, a un senso animale del mondo: un avere naso per la visibile intelligibilità delle cose – il loro suono, odore, forma, che parlano con e attraverso le reazioni del nostro cuore; un rispondere alle fattezze, alla lingua, ai timbri e ai gesti delle cose in mezzo alle quali ci muoviamo. “Coscienza delle cose”: con essa si potrebbe ampliare la nozione di coscienza di sé, liberandola dalle costrizioni del soggettivismo7.
Dobbiamo quindi tornare al primitivo animismo, al sentimento per cui tutte le cose sono animate, vivono una vita propria, anche indipendente dalla nostra?
Non è questo a cui ci invita Hillman. La risposta estetica al mondo ci mette in relazione con esso in modo tale che noi prendiamo coscienza che esso non è solo fuori di noi ma fa parte del nostro essere, ne determina anche caratteristiche e rapporti. Questa consapevolezza ci fa attenti alla risonanza che il mondo ha su di noi e il cuore, attraverso il quale leggiamo le immagini che ci giungono, ci rende capaci di comprenderne la situazione, di sapere se ciò che accade là fuori è qualcosa che, invece di portarci bellezza, ci porta malattia e morte: l’estetica mostra qui la sua valenza epistemologica. La risposta estetica alle cose ha quindi una valenza non solo analitica, ma creatrice: se il mondo entra in me, in noi, esso può danneggiarmi o instaurare con me una relazione armoniosa, bella. Ma come il mondo è dipende anche da noi, siamo anche noi a determinarlo: possiamo quindi, a partire dal cuore, vivificare il mondo attraverso la funzione creatrice della nostra immaginazione.
1 J. Hillman, L’anima del mondo e il pensiero del cuore, Adelphi, Milano 2002, Adelphi ebook.
2 Ivi, 109.
3 Ivi, 111-112.
4 Ivi, 110.
5 Ivi, 46.
6 Ivi, 114-115.
7Ivi, 116-117.
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