Sentieri
I nomi più belli
I 99 Nomi di Dio
Contemplazione di un Essere elevato.
Questa è una pratica corrente tra i mistici [...]
[…] La contemplazione di un Grande Essere, quale il Cristo, il Buddha o un Maestro di Saggezza e Compassione, e il ponderare sulle loro varie virtù ed il potere illimitato per il bene, ha un potente e vivificante effetto sulla nostra natura spirituale nell’aiutarla a rivelarsi e a splendere fuori […]
Egli [il discepolo]crea un modello nella sua mente che si avvicina il più possibile al vero prototipo, e che serve a modellare l’uomo inferiore e a forzarlo in conformità all’ideale1.
Queste parole di Roberto Assagioli (Venezia, 1888-Capolona 1974), psichiatra fondatore della psicosintesi, introducono efficacemente la presentazione di uno scritto che Gabriele Bianchi, autore de “La Santa Cupola Verde”2 e “Testamento di un derviscio. Un cammino verso il sufismo”3, sta distribuendo gratuitamente via mail ad amici e persone interessate ad approfondire la spiritualità islamica relativa al sufismo.
Si tratta di un centinaio di pagine nelle quali l’autore si prende il tempo di parlare dei 99 Nomi di Dio che vengono enunciati nel dhikr, un’importante devozione dell’Islam.
Assagioli ha considerato con attenzione nel suo lavoro la differenza esistente tra i sintomi delle malattie nervose e i segni di uno sviluppo spirituale; in queste brevi frasi indica l’importanza, per chi segue la via spirituale, di contemplare e meditare esempi che possano indurre il discepolo a compiere i passi che lo possono condurre ad una somiglianza, ad una conformità con l’ideale che ha scelto.
Ma a quali mete di sviluppo spirituale sarebbe possibile giungere se quello che Assagioli chiama Essere elevato fosse proprio lo stesso Iddio?
La pratica del dhikr è una forma di contemplazione attiva che non si serve della mediazione di Grandi Esseri, come Maometto o Gesù (che vengono comunque considerati in altri ambiti), ma intende elevare il fedele a una prossimità spirituale con Dio stesso: è il ricordo di Allah con la recitazione salmodiata dei novantanove Nomi di Dio, una pratica devozionale raccomandata dal Corano e attuata in tutto il mondo islamico, in diverse forme.
Lo
scopo è facilitare l’abbandono
del fedele a Dio in una specie di estasi.
Affine alla
preghiera esicasta ortodossa dei primi secoli del cristianesimo, il
suo senso non sta soltanto nelle parole ma anche nel modo in cui
viene detta e nel sentimento che suscita: una modalità di
concentrazione spirituale simile al mantra del Buddhismo e
dell’Induismo.
Nel sufismo è molto praticato anche in forma di danza che, in un crescendo di tensione, riduce l’invocazione alla semplice respirazione: essa rappresenta il soffio divino della vita che dà la vita ma anche il suo contrario, il riassorbimento della creazione in Dio, il ritorno a Dio di ogni cosa.
Nel testo di Bianchi la considerazione meditata dei Nomi di Dio viene introdotta da alcune informazioni fondamentali per comprenderne il senso:
I "Nomi di Dio" non sono Dio; sono una semplice identificazione della realtà divina adattata ai limiti umani, che simbolizza in modo insufficiente la Sua essenza, a noi invisibile pur nella Sua realtà: uno strumento per la comprensione umana, e null'altro. Ogni singolo essere umano può raggiungere una conoscenza di Dio, ma si tratterà sempre e solo di una conoscenza a dimensione umana, non a dimensione di Dio. Ecco quindi i Nomi, che non sono a misura di Dio, superiore a tutto ciò che è pensato da chiunque non sia Dio. Questi Nomi svolgono una duplice funzione: nella prima indicano la via per avvicinarsi a Dio e aiutano il credente a percepire per quanto possibile l'identità trascendente di Dio, ma i Nomi stessi non Lo possono contenere; la seconda indica la via da percorrere per capire Dio: all'uomo rimane solo la sperimentazione delle qualità divine su di sé, la meditazione dei Nomi o "rammemorazione"; il “dhikr” dei sufi è una via per la realizzazione del sé.
Questi Nomi, il cui senso ultimo è appunto “rammemorare”, fare sì che la memoria agisca nel senso di Dio, sono di diversi tipi che possono essere raggruppati in: Nomi che indicano l’essenza, detti “escludenti”; Nomi di qualità come scienza, vita, parola; Nomi di qualificazione come Onnipotente, Volente; Nomi di azione, che parlano delle possibilità, delle potenze di Dio, come creazione e comando.
A volte la forma è paratattica, cioè si afferma per esempio, nel Nome 90, che Dio è “Colui che impedisce” e nel 91 “Colui che nuoce, Colui che affligge”, mentre i numeri 92 e 93 ne parlano come “Il Benefattore” e “Colui che illumina, la Luce”. La presenza di Nomi dal significato opposto ha lo scopo di superare il rischio di rinchiudere Dio in una definizione esclusiva, per mantenere il cuore del fedele aperto all’incommensurabile realtà di Dio.
Alcuni Nomi paiono avere un identico significato ma, nel momento in cui Bianchi introduce alla meditazione, ci si rende conto che vi sono sfumature teologiche ed etiche differenti, che intendono indirizzare il credente verso determinati pensieri e azioni piuttosto che verso altri. Per esempio il 69, “Il Potente”, è seguito dal 70, “L’Onnipotente, il Capace”: il primo testimonia la potenza di Dio, mentre il secondo incentiva a sottomettersi “all'onnipotenza di Dio, con la propria umiltà e la propria disposizione alle azioni utili alla concordia fra le genti”.
È quindi necessario entrare in un particolare stato spirituale per approfondire il senso dei 99 Nomi. Ci dice Bianchi:
Il tasawwuf, ovvero il sufismo, è la punta di diamante, il concetto supremo del misticismo islamico. Furono sufi i maggiori pensatori, scienziati e poeti dell'Islàm, esprimendo ciascuno i valori principali della propria personalità, pur nel totale abbandono al Dio unico. Ciò avvenne non senza opposizioni, anche violente, da parte dei teologi, come insegna il martirio di alHallaj. I sufi si organizzarono in confraternite ed ebbero peso ed importanza anche negli affari politici delle varie nazioni musulmane. Le linee principali della ricerca si basarono su due concetti: l'unicità della Testimonianza, espressa dal sufi in unione d'amore con Dio; e l'unicità dell'Esistenza, per cui nulla esiste se non Dio. A Dio solo quindi i mistici tendono, fino all'integrazione finale.
La salmodia dei Nomi ha quindi uno scopo formativo ed educativo, proprio nella linea indicata da Assagioli, affinché il fedele possa accedere allo stato mistico che gli permetterà di meglio comprendere, pur senza mai esserne saziato, il mistero di Dio.
La comprensione non è però fine a se stessa, ha sempre una ricaduta etica nelle scelte comportamentali che scaturiscono dalla meditazione profonda; merito della presentazione di Bianchi è anche avere sintetizzato, per ogni Nome, la teologia sottesa che si ricava dal Corano, la meditazione che nel corso del tempo essa a suscitato, in particolare presso i sufi, e i comportamenti etici che esso dovrebbe suscitare nel credente. Ogni Nome è così una catechesi in miniatura, che può essere di conforto al credente in ogni momento dell’esistenza.
Non è possibile entrare in modo particolareggiato nel merito di questa piccola Summa; segnaliamo soltanto alcuni aspetti che possono suonare familiari alle orecchie del credente cristiano che si avvicina a questa devozione islamica: vi si trova la Grazia di Dio che agisce in favore del fedele, il perdono del peccato, anche se il senso del peccato nell’Islam ha connotazioni in parte diverse dal cristianesimo, come ben spiega Bianchi:
Va comunque considerato che in effetti uno solo è il peccato reale per l'Islàm: associare a Dio altri che Lui, cioè il politeismo e il totemismo. Tutto il resto può definirsi una devianza volontaria dalla retta via, dal comportamento etico; in effetti il Corano insiste più sul comportamento etico che sulla pratica d'una ritualistica religiosa:
E ancora:
L'etica dei sufi considera poi peccato più grande distruggere l'armonia in sé e attorno a sé, affermando: "Un peccatore è come un poveraccio caduto in una fogna. Qual è la prima cosa che deve fare? Non può presentarsi agli altri in quello stato, né può resistervi egli stesso: deve lavarsi, ripulirsi, a meno che per causa di pazzia sia inconsapevole del suo stato sgradevole. Il sapone e l'acqua con cui lavare il nostro intimo è il pentimento". La teologia tradizionale ha elencato, per ordine di importanza, i "peccati" e le condizioni e modalità del perdono divino.
Non va dimenticata la fede nella Resurrezione, richiamata nel Nome 50, a cui sono collegati i Nomi 60 e 62, che ha un valore non soltanto futuro ma anche spirituale nel presente:
50 Colui che Resuscita. La risurrezione dopo la morte è una delle sette affermazioni di fede del musulmano. Si può dire che sia uno dei motivi essenziali del Corano: "Sì, Dio! La verità è Lui. Sì: è Lui che dà la vita ai morti. Egli è l'Onnipotente, sì; e l'ora volge, nessun dubbio su questo né ch'egli risusciterà coloro che sono nelle tombe". "Dalla terra vi abbiamo creati, ad essa vi riporteremo, e da quella ancora vi faremo uscire" "Dio! È Lui che vi ha creati, poi vi ha nutriti, poi vi darà la morte, e poi vi darà la vita... " .
Alle critiche che i Meccani rivolgevano a Maometto in proposito risposero i versetti: "Coniando per Noi un esempio, e dimenticando la propria creazione, l'uomo dice: "Chi ridarà la vita alle ossa quando sono cariate?" Dì: "Ridarà loro la vita Colui che le ha create una prima volta, poiché Egli conosce tutta la creazione".
Non va comunque dimenticato che nel Corano la vita è paragonata alla conoscenza ('ilm) e la morte all'ignoranza. Colui che risuscita è anche Colui che ha dato il "calamo" all'umanità, fornendola degli strumenti necessari per uscire dalla tomba dell'ignoranza.
La risurrezione cui questo nome invita è quella che si ottiene purificando il cuore e la mente grazie all'amore per la conoscenza ed il distacco dalle cose mondane, incentivandoci a rinascere nella luce della conoscenza ancor prima di morire.
A Dio il fedele rivolge la propria adorazione e lode, mantenendo verso di Lui un naturale timore reverenziale, ma nello stesso tempo sa che Dio è anche “Il Generoso”, come viene detto nel Nome 43, a cui il credente si rivolge nella preghiera:
43 Il Generoso. Egli accetta anche che il fedele sprovveduto Gli si rivolga chiedendo e postulando ad ogni momento della preghiera. Può essere considerata irriguardosa la petizione, ma Dio il Generoso passa oltre ed accoglie.
Dio è anche, (Nome 44) “Colui che veglia, Colui che osserva (il Guardiano)” e “Colui che risponde, accoglie; Colui che esaudisce (Nome 45) e anche “Colui che ama, L’Amorevole, L’Affettuoso, Il Beneamato (Nome 48).
Non possiamo tralasciare il Nome che riunisce le tre religioni del Libro: Dio Uno. Nel cristianesimo l’introduzione della Trinità non ha scalfito l’unicità di Dio, anche se i dogmi relativi sono spesso oggetto di discussione nel confronto con le religioni ebraica ed islamica. Ma non addentriamoci in queste questioni teologiche e approfondiamo un poco la visione islamica dell’unicità di Dio come ce la presenta Bianchi:
67 L'Uno. "Il Dio unico; non ci sono altre divinità oltre a Lui".
Nel Corano: "Dì: Egli, Dio è Uno. Dio, l'Assoluto. Non generante e non generato; e nulla è eguale a lui".
L'unicità di Dio, Dio Uno, è il dogma di base dell'Islàm. Per diventare musulmano occorre che l'essere umano pronunci davanti a due musulmani : "Attesto che non c'è altro dio che Dio; attesto che Maometto è un profeta di Dio". Il Nome esclude ogni concetto e ogni tipo di "dio rivale"; stabilisce la non dualità e la non divisibilità. L'essere umano che giunge per intuizione a questa non divisibilità giunge a capire che tutto dipende da Dio, tutto è in Dio e Dio è in modo assoluto il Tutto.
I sufi hanno scritto molte pagine sull'unità e sull'unicità: "Noi invochiamo il primo dicendo "l'Unico", cioè: Signore, Puro, senza eguali. Invochiamo il secondo dicendo "Uno", cioè: l'Uno che la dualità non tocca, e del Quale nessuno condivide la proprietà e la sovranità. Questi due attributi essenziali sono menzionati da noi quando pronunciamo "Non c'è dio se non Dio", in cui "non c'è dio" vuol dire che nessuno è qualificabile così, e "se non Dio" significa "tranne solamente Dio". Quando la lingua rammemora l'Essere vero attestandogli l'unità divina, il cuore la conferma attestandone l"'unitudine".
L'unicità è considerata dai sufi la "quiddità" di Dio, unità e unicità è la formula pronunciata dall'apprendista durante la sua iniziazione. Simbolizza la sequenza di questi valori: Dio è Uno/Unico, Egli non ha eguali. Egli è Uno/Unico nella Sua essenza, tutto il resto è Sua creazione. Egli è Uno/Unico nei Suoi attributi, e nulla Lo può eguagliare. Egli è Uno/Unico nelle Sue azioni, e nulla è senza di Lui. Egli è Uno/Unico nei Suoi Nomi, e la Sua unicità è indivisibile. Questo Nome è la chiave di volta di tutte le essenze divine.
Non è raro però il caso di falsi maestri che si attribuiscono da sé questo nome, in un evidente stato di devianza paranoica.
Sono evidenti le influenze neoplatoniche che nutrono questo tipo di riflessioni; il neoplatonismo, d’altra parte, non è estraneo alla formazione del pensiero su Dio nei primi tempi della Chiesa, per esempio nei Padri cappadoci, in Agostino o in Filone d’Alessandria.
Certamente Dio è assolutamente trascendente nell’Islam e tutto viene da Lui: l’unica relazione possibile per l’uomo è il totale abbandono di ogni velleità personale per adeguarsi ai diversi aspetti nei quali Dio si fa conoscere, anche attraverso i 99 Nomi. Il mistero però permane: l’ultimo nome, il centesimo, non è conosciuto se non da chi viene accolto da Dio nella propria intimità, e non può essere divulgato.
Concludiamo questa breve presentazione dello scritto di cui Gabriele Bianchi fa dono, grati di aver potuto gettare uno sguardo su questa importante devozione islamica, presentata in modo chiaro e con partecipazione del cuore: non dovrebbe mai cessare il dialogo e il confronto tra i credenti, nonostante la permanenza di differenze anche sostanziali: confidiamo che il 99esimo Nome, “Il Paziente”, sia anche quello nel quale Dio accoglierà tutte le ricerche di coloro che desiderano incontrarLo, in ogni luogo e tempo, fino a che tutti giungeremo al suo mistero ineffabile, il centesimo Nome.4
1R. Assagioli, Contributi pratici allo Yoga moderno, appunti per una conferenza dattiloscritti, Istituto di Psicosintesi, Firenze, ca 1925, 31-32. Cit. in M. Melega, L’itinerario mistico di Angela da Foligno, figlia di San Francesco, e analogie con la psicosintesi di Roberto Assagioli, Galassia Arte di Andrea Mucciolo, Ardea (Roma, 2012, 86.
2G. Bianchi, La Santa Cupola Verde, Verdechiaro, Baiso (RE), 2012.
3Distribuito dalla Fondazione Camelot onlus Firenze.
4Coloro che fossero interessati alla lettura del testo possono farne richiesta a Gabriele Bianchi attraverso la sua pagina Fb.
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