lunedì 1 aprile 2024

 

Pensieri

Giungere a Il Mistico



Ora sappiamo che esiste un luogo da cercare, dentro di noi, dove la vita trova senso.

Ce ne hanno parlato i mistici delle diverse religioni, i cercatori spirituali di ogni latitudine; ce ne hanno parlato e ce ne parlano i poeti. che hanno il coraggio di far sentire la loro voce dalle distanze oceaniche dei loro abissi o nei silenzi in cui la natura li immerge in abbracci indimenticabili.

Questo luogo senza dimensioni e localizzazioni precise è una realtà interiore che continuamente tenta di farsi presente, di penetrare il muro di opinioni, abitudini, certezze e presunzioni che non ci fa andare oltre ciò che ci è già noto. Ma ciò che ignoriamo fa parte della nostra vita, bussa alla nostra porta, pur senza un volto definito, immutabile e certo.

A volte lo percepiamo come un bussare indistinto, quasi un fruscio d’ala sulla porta, a volte è quasi un tuono che scuote i cardini; ma non c’è vita che, almeno una volta, non abbia avuto sentore dell’esistenza de Il Mistico..

Quando si ha il coraggio di aprire la porta, di guardare oltre la soglia per cercare di percepire ciò che sta oltre, la vertigine può prenderci, il terrore, oppure un senso d’angoscia e una irrefrenabile voglia di fuggire, perché al di là della soglia quello che appare a prima vista è soltanto il vuoto.

Certo, in qualche modo lo sappiamo: dovremmo abbandonarci a questo nulla, come nelle piscine di Lourdes ci si deve lasciar completamente andare nel vuoto dietro di noi, senza chiederci se saremo afferrati oppure no prima di sfracellarci al suolo.

E di fatto è proprio a una esperienza di morte che ci troviamo dinnanzi quando si apre la soglia verso Il Mistico. Ma non è la morte come ce la dipingono gli horror e i thriller che pullulano nei nostri programmi televisivi: quella è morte che accade lontano dal Mistico, l’incubo di una malattia interiore che sogna con lo stomaco zeppo di spazzatura e inutilità.

La morte che accade nel cammino verso il Mistico è una esperienza di liberazione, di illuminazione, di sviluppo di potenze insite nella vita stessa.

Liberazione perché, per poter individuare i passi necessari a giungere in questo luogo, dobbiamo liberarci dalle zavorre dei nostri attaccamenti, che ci succhiano come le zecche il sangue e ci lasciano sfiniti ed esangui; ogni attaccamento, a qualsiasi cosa, è come una catena che rallenta il nostro cammino. Abbandonare gli attaccamenti non vuol dire che dobbiamo abbandonare il mondo, le famiglie, la nostra storia, ma solo che dobbiamo imparare a vivere ogni istante come se tutto ciò che ci sembra assolutamente necessario non fosse importante, così che potremmo lasciarlo lì, sull’orlo del marciapiede, senza rimpianti. Tutto è importante, ma potrebbe anche non essere, e certamente ad un certo punto non ci sarà. Tutto allora viene vissuto come non dovuto, non imprescindibile, un dono della vita di cui possiamo essere grati. Molto lontano tutto questo dalla ricerca di sofferenze espiatorie, da dolorismi che si compiacciono di se stessi o da pratiche di penitenza che sfiniscono senza portare frutto. Si tratta solo di viaggiare con un bagaglio il più possibile leggero e ci accorgeremo che il viaggio stesso sarà determinato dall’alleggerimento che saremo in grado di mettere in opera, che le tappe si mostreranno man mano che saremo in grado di raggiungerle.

Possiamo pensare a questa liberazione come a una “dieta”, che ci aiuta a lasciare da parte ciò che ci dà inutile peso e zavorra. Certo, le diete richiedono sacrifici, a volte ingenti, ma il risultato è la possibilità di camminare con leggerezza nel sentiero, a volte impervio, che ci conduce a Il Mistico. E ognuno ha la sua di dieta, personalizzata. Ognuno deve scegliere ciò che deve lasciare, in quale momento, con quale ritmo, perché lo scopo non è la sofferenza individuale ma il raggiungimento di un equilibrio che faccia stare bene, che crei le condizioni per un cammino proficuo.

Illuminazione, perché nel momento in cui posso sollevare gli occhi e smettere i guardare i miei piedi che camminano, piegato sotto il peso dei miei attaccamenti, quando sono a buon punto nella liberazione da quelle che Péguy definiva “pastoie”, la vita che mi circonda mi si rivela in tutto il suo splendore e posso contemplare la sua bellezza. La contemplazione è l’esperienza della luce che abita in ogni cosa, in ogni realtà con cui abbiamo a che fare, in noi stessi, ed è ogni volta come se tornassimo là da dove siamo venuti, da cui ogni cosa si è generata: siamo già ne Il Mistico.

Quando si fa questa esperienza si inserisce come costante della vita la pratica della meditazione, che è come un tuffare nella luce i fatti che accadono, ciò che osserviamo, le più minute esperienze di vita. Avviene allora una specie di reazione chimica: alcuni fatti emergono per il loro splendore, anche se ci apparivano a prima vista insignificanti, e altri mostrano la profonda oscurità senza meta alla quale conducono, anche se apparivano interessanti, speciali, particolari e molto coinvolgenti.

È a questo punto che emerge il giudizio che determina le scelte pratiche, ed è proprio la luce il criterio discriminante: accade che non possiamo tirarci indietro quando questa luce viene deturpata, nascosta, cancellata, distrutta, per qualsiasi ragione. Per questo ogni contemplativo non si tirerà mai indietro quando si tratterà di difendere la luce, la vita. Quando si attiva questo dinamismo tra ciò che viene percepito come interno, interiore, e ciò che invece appare esterno, indipendente da noi, siamo giunti al cuore de Il Mistico.

Lo sviluppo delle potenze che sono già presenti nella vita accade quando si giunge nel Mistico, perché lì si attingono le forze primordiali della generazione, quelle che la scienza ancora non conosce se non in parte, ma che fanno compiere gesti e opere straordinarie a persone apparentemente senza alcuna risorsa personale.

La potenza più grande che possiamo sviluppare è quella della preghiera. Non ci rendiamo conto, quando blateriamo richieste e invocazioni pensando solo a noi stessi, che la preghiera è invece l’origine di ogni bene, il legame che si instaura con l’origine da cui veniamo, che opera con noi nel momento stesso in cui la mettiamo in atto. Ogni preghiera, invocazione, elevazione del nostro essere, che è unitamente corpo anima e spirito, ci mette in comunicazione col luogo da cui veniamo, ci unisce alle potenze dell’origine in comunione con le quali possiamo operare, mettere in atto cambiamenti inimmaginabili, personali, comunitari, sociali, economici, tecnologici...in ogni campo della vita. La preghiera che sgorga dalla contemplazione e dalla meditazione, vissute come metodo di approccio all’esistenza, è una potenza di trasformazione interiore che agisce nel mondo, un’energia invincibile, capace di superare ogni ostacolo per giungere ad operare il bene ovunque venga messa in atto.

Ecco quindi le tappe fondamentali per giungere a Il Mistico.

Come si vede finora non ho nominato Dio, né alcuna religione o filosofia in particolare.

Questo perché Il Mistico è un luogo presente in ogni essere umano e mi azzarderei a dire addirittura in tutto ciò che esiste. Gli esseri umani possono averne consapevolezza, ricercarlo, e così giungere a un potenziamento della vita in tutte le sue forme: credo sia questo il senso del vivere.

Per quanto mi riguarda devo testimoniare che sono giunta a questa consapevolezza, nella mia ricerca, all’interno della fede in Gesù Cristo, particolarmente avendo come maestri di vita i mistici carmelitani scalzi: i racconti delle loro esperienze interiori, mi hanno indicato dei percorsi sui quali ho camminato per giungere infine a Il Mistico. Prima di questo ho conosciuto anche la magnifica figura di Milarepa, un poeta, uno dei principali maestri del buddismo tibetano, la cui parabola di vita, narrata in un testo curato da Jacques Bacot1, può essere paradigmatica per chi intraprende un cammino spirituale. Molti però potrebbero essere i riferimenti e ognuno troverà quello adeguato alla propria storia.

Certamente, però, chi giunge ne Il Mistico, comunque vi sia arrivato, coglie senz’altro un’ulteriore potenza: è in grado di vivere un profondo legame fraterno con tutti coloro che, anche in forme diverse, lo hanno raggiunto.

L’augurio e l’impegno è che questa esperienza, e la fraternità che ne è il frutto, si espanda, si faccia universale.

Nessun commento:

Posta un commento

cosa ne pensi?

iniziamo

  Immagin-azione   DOPO   “ Quando è stata sepolta?” “ Mi pare una settimana fa…” “ Ah!” L’uomo si stava velocemente avviand...