Pensieri
Un fico maledetto
«La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: “Maestro, guarda: l’albero di fico che hai maledetto è seccato.” Rispose loro Gesù: “Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: Lévati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico; tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe.» (Mc 11, 20-26).
Questa pagina di Marco è davvero sorprendente, per diversi motivi.
Nel vangelo di Marco, il primo scritto da cui tutti gli altri hanno attinto, ci mostra Gesù che proclama la manifestazione del Regno di Dio e la sua potenza attraverso l’opera di miracoli fisici e spirituali, compiuti su persone che, esplicitamente o meno, li richiedono. Spesso si mostra come l’annuncio e i gesti di Gesù siano preceduti da momenti di solitudine e preghiera protratti anche per lungo tempo. Vi è dunque un legame profondo tra la preghiera di Gesù e la manifestazione della sua potenza.
Qui però la situazione è diversa: Gesù aveva cercato dei fichi fuori stagione, perché aveva fame, e aveva trovato solo foglie: per questo maledice il fico, che il giorno dopo appare ai discepoli completamente seccato. È forse l’unica volta in questo vangelo in cui Gesù pronuncia una vera e propria maledizione e possiamo così renderci conto della sua terribile efficacia: la regola diceva che non era tempo per il fico di emettere frutti, ma Gesù glieli ha chiesti comunque; con le sue mani che avevano guarito molti ha cercato un frutto, ma il fico non ha voluto saperne, non ha riconosciuto la relazione che si stava aprendo tra lui e Gesù, è rimasto chiuso in sé e nella sua regola.
Per questo Gesù lo maledice: il fico non lo ha voluto riconoscere, ha commesso un peccato contro lo Spirito, proprio l’unico peccato che non sarà perdonato in eterno, e per questo la vita in lui viene seccata, tolta.
Gesù tratta il fico come una creatura con cui stabilire un rapporto, lo guarda, si avvicina, cerca, poi gli si rivolge direttamente e gli parla, annunciandogli la conseguenza del suo atteggiamento di estraneità.
Questo episodio è uno di quelli che ci mette in evidenza la profonda relazione che sussiste tra ciò che comunemente chiamiamo “materia” e lo spirito che vivifica. Non vi è vita senza spirito.
Ma questo breve brano va ancora oltre e dice, tra le altre, due cose importantissime: il legame fortissimo tra il mondo esterno e quello interno, perché ciò che crediamo senza dubitare si avvera, e il fatto che la preghiera, il tempo in cui ci immergiamo nel dialogo col mistero da cui siamo originati, è il luogo che rende tutto possibile, a condizione che la nostra relazione con chi condivide la nostra vita sia improntata alla misericordia.
Tutto dunque è possibile a chi crede, se la richiesta è formulata alla luce della misericordia, alla luce del legame divino originario di cui ogni persona e ogni cosa sono portatori.
Purtroppo viviamo questa vita da increduli, lontani dalla preghiera e dalla misericordia, senza riconoscere lo spirito che ci viene incontro nei fatti, nelle persone, nelle cose di ogni giorno, abitate dalla potenza creativa dell’origine di cui anche ciascuno di noi è portatore, come ci mostra Gesù in questo breve episodio narrato da Marco: il Regno di Dio è già qui, tra noi, e l’annuncio di Gesù ci chiede di riconoscerlo, di non essere sordi alla sua presenza e alla sua parola come il fico, infine secco e senza vita.
Questa
breve narrazione, che include anche la cacciata dei mercanti dal
tempio, costituisce un piccolo sommario di ciò che Gesù ha
annunciato fino a quel momento e ne esplicita il senso profondo per
ciascuno di noi, indicandoci la prospettiva da cui far originare le
nostre scelte: la vera fede non è una banale credenza in questo o
quello, ma la certezza di una potenza in atto nell’universo a cui
tutti siamo chiamati a partecipare.
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